domenica 4 gennaio 2015

Recensione: "Per dieci minuti" Chiara Gamberale

Titolo: Per dieci minuti
Autore: Chiara Gamberale
Editore: Feltrinelli
Anno di pubblicazione: 2013
Genere: letteratura italiana
Numero pagine: 187


Tutto quello con cui Chiara era abituata a identificare la sua vita non esiste più.
Perché, a volte, capita.
Capita che il tuo compagno di sempre ti abbandoni. Che tu debba lasciare la casa in cui sei cresciuto. Che il tuo lavoro venga affidato ad un altro. Che cosa si fa, allora?
Rudolf Steiner non ha dubbi: si gioca.
Chiara non ha niente da perdere, e ci prova.Per un mese intero, ogni giorno, per almeno dieci minuti, decide di fare una cosa nuova, mai fatta prima.
Lei che è incapace anche solo di avvicinarsi ai fornelli, cucina dei pancake, cammina di spalle per la città, balla l'hip-hop, ascolta i problemi di sua madre, consegna il cellulare ad uno sconosciuto. Di dieci minuti in dieci minuti, arriva così ad accogliere la realtà che non avrebbe mai immaginato e che la            porteranno a scelte sorprendenti.
                                                                                     Da cui ricominciare.

ATTENZIONE! POSSIBILI SPOILER

Quando un'amica mi chiese come fosse il libro la mia risposta fu "Azzurro". Perché nella mia vita tutte le cose belle sono azzurre: il cielo, il mare, gli occhi di mia madre, un tipo di glicine, il sito di fanfiction EFP. Quindi quando una cosa mi piace la definisco semplicemente così, azzurra.
Smielatezze a parte il libro è davvero bello. Si tratta di una semi-autobiografia, perché nonostante la protagonista abbia lo stesso nome e lo stesso lavoro dell'autrice, nonostante entrambe abbiano provato a fare il gioco dei dieci minuti, nonostante la Chiara personaggio stia scrivendo un libro intitolato "Quattro etti d'amore, grazie" il quale è un libro effettivamente pubblicato dalla Gamberale, insomma, nonostante tutto questo le esperienze raccontate non sono state veramente vissute dall'autrice.
La protagonista del libro è Chiara, scrittrice famosa che ad un certo punto della vita ha la sensazione di aver perso tutto: deve trasferirsi dalla sua vecchia e amata Vicariello al centro di Roma, il marito la lascia e la sua rubrica sui pranzi domenicali viene sostituita dalla posta del cuore di Tania Melodia che, come viene ripetuto per tutto il libro, è "vincitrice morale del Grande Fratello". Come molte protagoniste create dalla Gamberale anche Chiara è una persona insicura, con un passato triste segnato da problemi gravi (in questo caso l'anoressia) che si è innamorata e sposata con un uomo che non la ama completamente e la soffoca. Si tratta di un buon personaggio, umano riassumibile in una frase che compare già nelle prime pagine e che rappresenta pienamente la protagonista: "... sempre protetta. Dalla violenza della realtà, dicevo io. Dalla responsabilità di essere un'adulta o almeno giù di lì, dicevano gli altri: finché ti basta attraversare un pezzo di orto per essere a casa dei tuoi genitori è una finta tutto, lo capisci o no?..."
E questa è una caratteristica curiosa del libro (o almeno per me): Chiara è assolutamente incapace. Cioè, è una scrittrice di successo, ma sa fare praticamente solo quello; è tanto incapace che quando perde tutto non riesce a rialzarsi, senza il marito non sa cosa fare, non sa trovare un'altro lavoro; in pratica non sa fare nulla senza che qualcuno la accompagni tenendola per mano. Inoltre dall'alto della sua incapacità si lamenta; non fa altro che lamentarsi (un esempio è l'episodio della palestra in cui si lamenta che lì "la palestra è di Sinistra" quando una palestra come si deve "deve essere di Destra"). Ma nonostante questo, nonostante mentre leggevo mi ripetevo continuamente che Chiara era una persona irritante e odiosa, non riuscivo ad odiarla: l'autrice fa in modo che tu la capisca, che ti senta partecipe al suo dramma.
Pochi altri sono i personaggi... definiamoli più che seconadari: c'è il marito, anzi il Marito della protagonista, un uomo egoista, egocentrico ed infantile. Ad un certo punto dice a Chiara che l'ha lasciata perché non era più la mite ragazzina complessata che era stata quando andavano alle medie, una ragazzina patologicamente insicura che dipendeva da lui, faceva ciò che voleva lui, venerava solo lui. Aggiungendo quindi che la causa del suo tradimento è lei e il fatto che sia cresciuta. Quindi l'unica cosa che si sa di lui è che si tratta di un completo, totale, tombale coglione (e non lo dico in modo volgare).
Altro personaggio importante è Ato, un giovane immigrato quasi 18enne (se non ricordo male) che vive nella Città dei Ragazzi e che è molto legato a Chiara, la quale durante il romanzo deciderà di ospitarlo nei fine settimana, aiutarlo con i compiti, ecc... Questo perché tempo prima aveva proposto al marito di adottare il giovane, vedendosi rifiutare la proposta per vari motivi validi e non; Chiara decide quindi di prendersi cura di questo ragazzo che non parla quasi mai del proprio passato, ma affronta la vita con forza ed energia. A differenza di Chiara, Ato è "disposto": disposto a conoscere persone, disposto a provare cose nuove, disposto a vedere posti nuovi...
Interessante è il racconto che Chiara dice di aver scritto "Egoland" che parla di una città con tanti palazzi di colore diverso in cui vive ciascun individuo e nessuno di queste persone riesce a vedere gli altri palazzi o gli altri individui. Il momento in cui Chiara racconta di questa storia alla sua (o suo? Non ricordo bene) psicoterapeuta è il primo momento in cui si rende conto di essere egocentrica, di riferirsi alle cose accanto a lei usando, come dice lei, la maiuscola sul possessivo (il Mio Marito, la Mia Casa, la Mia Rubrica...); è il momento in cui ammette di essersi sempre sentita superiore in quanto, mentre scriveva "Egoland", era convinta di non rientrare in nessuno dei palazzi, di essere libera di vederli tutti, di sentirsi superiore, quando in realtà era parte integrante di Egoland e per tutti i "palazzi" che riusciva a vedere ce ne erano mille altri che non notava.
Penso che il libro meriti 4 stelle: l'introspezione psicologica è ottima e, anche se la protagonista è irritante, non puoi fare a meno di immedesimarti, perché Chiara è simile a ciascuno. In più il gioco dei 10 minuti è davvero bello e divertente da mettere in pratica nella vita reale

venerdì 14 novembre 2014

Il lato oscuro di OUAT (parte 1)

Analisi personale del telefilm "C'era una volta" (in originale "Once Upon A Time")



Quando, quest’estate, facendo zapping sul nuovo acquisito Sky di casa, mi capitò di vedere alcuni minuti del finale dell’episodio “Segui il tuo istinto” (“New York Serenade): proprio alla fine compariva una verdissima Rebecca Mader che affermava “…la perfidia vince sempre”. Si trattava di uno show di cui avevo visto il promo estati prima e che avevo liquidato come sciocchezza di poco valore soprattutto a causa del titolo, una traduzione esatta dei quello inglese, ma che alle mie orecchie suonava ridicolo. Quindi dopo aver visto il finale dell’episodio, decisi  che “Once Upon A Time” (OUAT in breve) meritava quella prima possibilità che non gli avevo dato tempo prima.
Ma vuoi la pessima connessione, vuoi la mia vacanza in un buco sperduto dove gli unici canali in italiani sono quelli della RSI (la televisione della Svizzera Italiana), vuoi l’università, ho continuamente rimandato la visione della serie sino a 3-4 settimane fa e ora mi sono messa in pari arrivando al settimo episodio della 4 stagione.
C’è una sola cosa che devo dire:

ONCE UPON A TIME È STUPENDO!


È bello, è avvincente, è commovente, è originale, è fantastico (con l’accezione di pieno di fantasia, altrimenti sarei ridondante). Nessuno dei personaggi è inutile e la storia è davvero ben costruita.
Ma dato che, da buona cristiana, so che la perfezione appartiene a Dio, riconosco che anche OUAT ha dei punti di debolezza. E non parlo di pecche trascurabili del tipo “il braccialetto della terza persona sullo sfondo a destra dal fondo a 4 borchie in un frame e 5 in quello successivo” (ODIO chi lo fa), no; quando parlo di pecche intendo problemi, errori, sbagli che, a mio parere,  sono di importanza rilevante.
Parlerò di episodi, idee, personaggi e fan (perché anche i fan, certi fan, rappresentano un grosso problema correlato ad un prodotto).

            PREMESSE1. Parlerò di problemi che IO penso siano problemi; si tratta di un parere                                                                                   personale pertanto vi prego di non linciarmi.
                                    2. Possibili SPOILER
·       
    -   Parto subito dall’argomento che più mi preme: Neal/Baelfire. 
            Adoro Neal, si tratta di un personaggio stupendo, profondo, complesso e con una storia che farebbe piangere una roccia, ma alcuni elementi a lui correlati non riesco proprio a mandarli giù.
Per prima cosa l’amore per Emma. La loro storia d’amore come compagni ladri/compagni nella vita (esplorata nei flashback) è magnificamente dolce e romantica, ma anche divertente ( seriamente, la prima cosa che le dice è all’incirca “Impressionante, ma potevi chiedermi le chiavi”. Ahahah! Ho riso come un’idiota) e sarei stata una Swanfire, se il novello Clyde non avesse deciso di abbandonare la propria Bonnie al suo destino e mandarla in prigione al proprio posto; e non ci credo neanche per un secondo che lo ha fatto perché “la ama” perché altrimenti si sarebbe inventato qualcosa, l’avrebbe aiutata, sostenuta, non aiuti una persona lasciandola ad affrontare qualcosa come Storybrooke o l’Operazione Cobra da sola. Neal l’ha abbandonata perché non voleva rivedere il proprio padre (non che avesse proprio torto, certo) mettendo un proprio desiderio egoistico di fronte al bene di Emma e il OUAT il Vero Amore non è mai egoista.
Inoltre avrei davvero sperato che Neal non fosse ancora innamorato di Emma, perché nei 10 anni di separazione, HA CHIESTO A TAMARA DI SPOSARLO! (per quanto Tamara si riveli essere una stronza) quindi o Neal l’ha frequentata e le ha chiesto la mano solo per dimenticare Emma e quindi anche lui è uno stronzo, oppure la amava davvero e quindi aveva dimenticato Emma.
Altro problema con Neal è la sua morte. Che ragione c’era di ucciderlo? A parte porre fine alle sue sofferenze, ovviamente. Emma aveva già dimostrato di non riuscire più ad amarlo totalmente, quindi perché eliminarlo e non lasciare che vivesse per legare con il figlio o riallacciare i rapporti con il padre (povero Rumple). E non credo neanche che la sua morte sia servita a mettere insieme i Hook ed Emma, poiché il ruolo di Neal come padre di Henry non sarebbe stato un vero problema alla relazione tra i due. Pertanto penso che la morte di Neal sia inutile (e parlo da Captain Swan shipper).
Per di più la morte di Neal è trattata in modo eccessivamente frettoloso, approssimativo; certo, le parole che Neal rivolge a Rumple ed Emma sono bellissime e toccanti (finalmente dice “ti voglio bene papà”, mettendo da parte tutto quel rancore che lo aveva animato).
Infine l’ultima cosa che mi urta è l’amore che Emma afferma di provare ancora per Neal e come queto sentimento, per sua ammissione la faccia sentire divisa. Non capisco come Emma, la cui capacità di provare rancore è assolutamente fuori misura. Seriamente, Emma sembra incapace di perdonare: prova rancore per i propri genitori, nonostante sia consapevole che l’abbiano salvata per il suo bene; prova rancore per Regina e i tormenti che ha subito. Prova risentimento verso un sacco di persone e per Neal, che l’ha abbandonata, mandata in prigione e messa incinta, non prova alcun sentimento negativo. Ha poco senso ed è assolutamente fuori dal carattere di Emma.

-  Secondo punto in discussione: la morte di Peter Pan e Tremotino.
Non l’ho capita. E non perché penso che non abbia senso, come nel caso di Neal, perché comunque era qualcosa di conclamato (Henry porterà la morte di Rumple, eccettera, eccetera), ma perché non ho capito proprio nulla di quella scena. Peter Pan/Malcom è immortale anche fuori da Neverland? La vita di Tremotino è legata a quella del padre? Se qualcuno viene ucciso con il pugnale del Tenebroso, anche il Tenebroso stesso deve morire? Il pugnale uccide solo chi non ha l’ombra ( Rumple dice “…dimentichi qualcosa: anche io ho perso l’ombra…” o qualcosa del genere)? Spiegate, autori, SPIEGATE! Quella della prima parte della 3° stagione è stato un magnifico finale, commuovente e sorprendente, ma mi ha lasciato un immenso punto interrogativo nel cervello. Punto interrogativo che non se ne ancora andato.

- Terzo punto in analisi: il mal di testa da pugnale.
Nella quarta stagione (la fine della terza, in realtà) parte il più curioso tira e molla che abbia mai visto in un telefilm: quello tra Tremotino e il suo pugnale. Ormai non riesco più a capire se il pugnale che ha Belle è quello vero o una mera copia; e a dire il vero ho RINUNCIATO a capire quale pugnale sia. In realtà non ri trattà di un vero e proprio “punto d’ombra”, semplicemente, cercare di riconoscere il pugnale mi distrae dalla visone del telefilm, perché ogni volta che lo nominano inizio a domandarmi “Ma quello vero non lo aveva Belle? Quando se lo è ripreso?”; è abbastanza seccante.

- Ultimo punto del post: Once Upon e Time e Once Upon A Time In Wonderland (da qui in poi denominati OUAT e OUAT in Wonderland altrimenti non finisco più)
Quando nella quarta stagione di OUAT comparve Will Scarlet il Fante di Cuori, mi interessai allo spin-off di cui era un personaggioprincipale, OUAT in Wonderland (tra parentesi adoro sia lo spin-off, sia il personaggio di Will). Ora, avendo finito entrambe le serie, mi sono posta alcune domande, la maggior parte riguardanti la timeline. Nella cronologia ufficiale, OUAT in Wonderland si svolge contemporaneamente (o quasi) alla seconda stagione di OUAT, ma mi sento parecchio confusa al riguardo:

per prima cosa, quando fa irruzione nella biblioteca, Will ruba il libro di "Alice nel Paese delle Meraviglie" e ne strappa una pagina con l'illustrazione della Regina Rossa; ma, se seguissimo la cronologia ufficiale, avrebbe dovuto cercare un'immagine della Regina Bianca, in quanto la sua amata, Anastasia, ha cessato di essere la Regina Rossa da molto tempo. Inoltre nell'ultimo episodio andato in onda (4x07 "The Snow Queen"), quando Robin Hood fa riferimento ad Anastasia, Will ha uno sguardo sofferente, lo stesso che aveva quando non aveva il cuore e pensava che la Regina lo avesse solo usato, pronunciando anche una frase sull'amore davvero toccante ("if you find someone you love enough to ruin your entire life for it's always worth it". Sarà stata l'esperienza traumatica, ma Will pronuncia sempre le frasi più belle sull'amore).
In secondo luogo per tutta la durata dello spin-off vengono ripetute fino allo sfinimento le Regole della magia, tra le quali c' quella che recita "non si può cambiare il passato"; tuttavia Zelena, nella 3° stagione crea un portale temporale che Uncino e Emma attraverseranno, cambiando il passato. Se questi eventi fossero stati contemporanei alla fine dei OUAT in Wonderland, quando Jafar riesce effettivamente "sfuggire" alle leggi della magia, allora si sarebbe potuto giustificare il portale come una conseguenza di questa rottura, ma così non è quindi,
Infine mi chiedo come Will sia arrivato di nuovo a Storybrooke, se abbia restituito a Granny le chiavi del suo locale e perchè soffra così tanto al pensiero di Ana.

CONTINUA...

NB: se qualcuno avesse la possibilità di togliermi i dubbi riguardanti il punto 2 e 4 gli/le sarò grata

sabato 5 luglio 2014

C'era una volta: Il Segreto di Deltora di Emily Rodda


La sezione C'era una volta (non avente niente a che fare con il programma televisivo della ABC) riguarda tutti quei libri della mia infanzia che ho amato e che tutt'ora amo leggere.


Titolo: Il Segreto di Deltora
Autore: Emily Rodda
Editore: PIEMME Junior
Anno di pubblicazione: 2005 -
Genere: Fantasy
Numero di libri della serie: 4

Lief e i suoi amici Barda e Jasmine hanno un'altra missione da compiere: sconfiggere i quattro mostri alleati del Signore dell'Ombra (le Sorelle dell'Ovest, del Nord, dell'Est e del Sud) prima che mandino in rovina il Regno...






ATTENZIONE: POSSIBILI SPOILER!

Avevo 11 anni ed avevo amato la prima saga di Deltora. Quindi quando in biblioteca mi trovai davanti il titolo "DELTORA" mi sentii subito attratta.
La storia continua dopo la serie del flauto di Pirra (che io, brava scema, ho letto dopo) e Lief è re di un regno allo sbando: i campi sono aridi, non si riesce ad allevare nessun animale, il popolo è povero e non arrivano navi commerciali nei porti. Convinto che la carestia venga dal cristallo che il Nemico usava per comunicare con i servitori, il giovane re idea un piano: utilizzando la forza congiunta di tutti i suoi sudditi (grazie ai poteri del topazio della Cintura) porta la pietra alla vecchia fucina di Adin e riesce a scioglierla nella fornace con l'aiuto degli inseparabili Barda e Jasmine. Sciogliendosi il cristallo rivela la presenza di una nuova minaccia, la vera origine della malattia che ha colpito il regno di Deltora: quattro creature, le Sorelle, poste ai quattro angoli della regno che con il loro canto mefitico avvelenano la terra. Queste creature possono essere sconfitte solo grazie all'intervento del re munito di Cintura e dei draghi di Deltora, i quali si pensa siano estitnti. In realtà gli ultimi 7 draghi si sono imposti un letargo, su consiglio di Doran l'Amico dei Draghi, attendendo che il re arrivi per risvegliarli
Lief, Barda e Jasmine partono così alla volta del nascondiglio della prima sorella, la Sorella di Levante: Il Nido del Drago.

I tre eroi riescono a distruggere la sorella, sconfiggendo prima il Guardiano che la proteggeva, anche con l'aiuto del drago del rubino.
Partono quindi alla volta della nuova sorella, quella di Settentrione, la quale ha sede in un luogo chiamato Porta delle Ombre. Nel viaggio incontreranno i Mascherati, una sorta di compagnia itinerante di saltimbanchi che si distinguono dagli altri per i volti coperti da maschere con le sembianze di animali, così realistiche da sembrare vere. Ad opporsi ai tre si presentano un uomo Jack il Ridanciano e una creatura simile ad un ombra, Il Mascherato, Guardiano della Sorella di Settentrione. Alla fine, con l'aiuto dei draghi del lapislazzuli e dello smeraldo, Lief riuscirà a distruggere la malvagia Sorella.

Ricomincia l'avventura di Lief, Barda e Jasmine che stanno volando sopra alle Kin, viaggiando in direzione dell'Isola delle Tenebre, sede della Sorella di Ponente. Nel viaggio i tre si ritrovano al Faro di Punta dello Scheletro, il faro che con la sua magica luce permetteva alle navi di altri regni di raggiungere Deltora. Il faro è spento da anni, da quando il Signore dell'Ombra è riuscito a conquistare il regno; la sua luce infatti, poteva mantenersi accesa grazie all'aiuto di Han il Rosso, guardiano del faro, a sua volta protetto dalla magia dei Torani, magia scomparsa con la cacciata degli stessi dalla loro città. Dopo varie peripezie (tra le quali il risveglio del drago dell'ametista, il quale rivelerà il proprio nome, Veritas) i tre eroi raggiungono l'Isola delle Tenebre, ricoperta quasi interamente da fiori rossi, i Giglio Carnivori, che come evidenziato dal nome cercano di divorare i tre. Scoperto che il drago del diamante è morto (divorato da quegli adorabili fiorellini sopracitati), Lief chiede aiuto a Veritas e insieme distruggono la Sorella di Ponente, imprigionata nel corpo dell'Amico dei Draghi, Doran (una crudele punizione ideata dal Signore dell'Ombra). Il guardiano di questa sorella è Jack il Ridanciano, l'usuraio alleato del Signore dell'Ombra comparso nel libro precedente. Jack viene sconfitto da Jasmine che con un trucco astuto riesce a convincere l'uomo a prendere dell'oro maledetto.

L'ultimo libro della serie inizia con il funerale di Doran, durante il quale Lief entra in contatto con la mente dell'Amico dei Draghi e percepisce un messaggio, del quale capisce solo la prima parola: "Veritas speran forta fortuna fidelis honora joyeu". I tre partono alla volta di Del, sede dell'ultima Sorella, quella di Meridione e trovano la città completamente devastata da una pestilenza che si dice sia stata inviata dai torani per prendere il potere. Grazie al potere delle Gemme, Lief scopre che la pestilenza è in realtà l'effetto di un veleno ed indagando trova il nascondiglio della Sorella di Meridione. Con l'aiuto del drago del topazio riesce a distruggere l'ultima sorella e con lei anche Paf, il guardiano di Meridione. Tuttavia il giovane re scopre che la voce mefitica delle quattro Sorelle aveva anche il potere di tenere addormentata una sorta di "creatura" del Signore dell'Ombra con il potere di distruggere tutta Deltora e che nessuno può fermare. Coraggiosamente Lief con i suoi inseparabili amici decide di raggiungere il cuore del paese dove si trova l' "essere", muovendosi a dorso del drago del topazio (a cui si aggiungerà il drago dell'opale). Il fuoco del drago è l'unica arma utilizzabile contro questo male e il ragazzo decide di chiamare anche gli altri draghi in aiuto (scoprendo che le parole dette da Doran Veritas, speran, ecc. altro non erano che i nomi dei draghi stessi). Alla fine c'è un piccolo scorcio in cui si parla del futuro dei personaggi e dove, finalmente, dopo 3 lunghe serie, Jasmine e Lief si sposano. Alleluiah!

Dopo questa luuuunghissima descrizione dei quattro libri posso esprimere il mio parere e per compensare sarò molto breve. Ho amato Deltora, i suoi personaggi, le ambientazioni, la storia; sembra che l'autrice non esaurisca mai la sua vena creativa ed è capace di creare un mondo splendido e coinvolgente. Anche se non sono più una bambina, questi libri hanno ancora il potere di appassionarmi e di farmi emozionare. La scrittura non solo è coinvolgente, ma non è neanche eccessivamente infantile; inoltre l'autrice inserisce nel mezzo della storia molti giochi e indovinelli molto divertenti e, lo ammetto, non sempre di immediata comprensione (o almeno non per me).
Sono libri adatti a tutti anche a chi non è più bambino da un bel pezzo e spero che li leggiate. 4 stelline e mezza.

venerdì 4 luglio 2014

Recensione: "Le Figlie del Libro Perduto" Kathrine Howe



Titolo: Le Figlie del Libro Perduto
Titolo originale: The Physick Book of Deliverance Dane
Autore: Kathrine Howe
Editore:Salani
Traduttore: Valentina Daniele
Anno di pubblicazione: 2009
Genere: Fantasy, Thriller, Romanzo storico
Numero pagine: 423

Connie Goodwin, giovane e brillante dottoranda dell'Università di Harvard, durante l'estate è costretta a occuparsi della vendita della vecchia casa di famiglia, per pagare le tasse arretrate. Mentre sta curiosando trova una vecchia Bibbia del XVII sec. nella quale trova una chiave dal fusto cavo, contenente una pergamena ingiallita con un nome, Deliverance Dane. Indagando scopre che il nome 
si riferisce ad una donna condannata per stregoneria durante i processi di Salem che, a differenza 
di altri accusati, praticava veramente la "magia". Connie sceglie di fare della donna la sua tesi di dottorato, scoprendo anche segreti della sua famiglia da tempo sepolti...

ATTENZIONE! POSSIBILI SPOILER.

Questo libro l'ho trovato per puro caso in biblioteca: cercavo di sfilare quello di fianco e mi è caduto sul piede, nella replica perfetta di una scena cliché di un film. La copertina era davvero accattivante così ho deciso su due piedi di leggerlo. Temevo potesse essere una sorta di horror (odio gli horror! Mi fanno fare sogni strani), ma mi sono ricreduta perché ha superato la prova della lampadina spenta alla grande (leggo un libro che temo possa essere un horror in una stanza buia; se alla fine non mi sento costretta ad andare a dormire nel letto con mamma per poter dormire, allora il libro è promosso).
Come ho già detto la copertina è davvero bella: sembra un volume antico e la riproduzione del bigliettino strappato con il titolo originale dell'opera e il nome Deliverance Dane, spingono il lettore a volerne sapere di più. Se si toglie la "sovracopertina" poi, il volume presenta ancora l'aspetto di un libro d'altri tempi, concordanza che non guasta (e a me ricorda la mia Bibbia, ma io sono strana).
La trama è poi abbastanza semplice da seguire: c'è la storia di Connie Goodwin, dottornada di Harvard, che si ritrova a fare una ricerca che la porterà a vivere un'esperienza straordinaria, scoprendo anche segreti di famiglia. Non guasta che incontri anche un bel giovanotto, Samule Sam Hartley (bello, ma soprattutto simpaticissimo), capace di smuovere la rigida ragazza, riuscendo persino nell'impresa titanica di allontanarla dalle sue ricerche per alcuni attimi. Parallelamente però si seguono le vicende di diverse donne tra le quali anche la Deliverance Dane citata nel riassunto e sulla copertina, vissute in epoche lontane, ma tutte connesse tra loro e con la ricerca di Connie (quando leggerete l'idea dei nomi la troverete davvero interessante); ottima l'idea di segnare i capitoli riguardanti questi "flashback" nel passato usando un font corsivo per i titoli.
La storia è sorretta anche dalla profonda conoscenza del periodo storico posseduta l'autrice, laureata in storia dell'America ad Harvard, la quale inserisce alla perfezione il suo racconto nei fatti storici veramente accaduti (piccola curiosità: l'autrice è la discendente di due delle donne accusate nei processi di Salem. Elizabeth Proctor, condannata a morte, e Elizabeth Howe, accusata e poi rilasciata).
Pian piano che la storia scorreva mi sono appassionata alla ricerca di Connie e, pur intuendo sin dall'inizio il "segreto", mi sono chiesta per tutto il tempo come la protagonista avrebbe scoperto la verità e come una donna rigida e pragmatica (vedi anche cinica) come lei avrebbe reagito di fronte ad una verità come quella.
Connie è simpaticissima. Scettica come pochi, un po' saccente, ma in fondo davvero dolce, conquista proprio perché piena di difetti; è assolutamente esilarante vederla interagire con il suo cane, Arlo, o con la proprietaria del negozio Wicca. Molto carini, anche se pochi, sono invece i momenti di interazione tra lei e Sam, il suo ragazzo; la chiaccherata che i due fanno in ospedale mi ha strappato un sorriso triste ad ognuna delle 4 letture, nonostante sapessi del finale lieto.
Il relatore di Connie è un antagonista fantastico; non è "cattivo" nel vero senso del termine, ma comunque senza scrupoli, il suo principale interesse non è ferire qualcuno (nonostante quello che fa a Sam), nè vuole dominare il mondo, ciò a cui aspira sono fama e soldi, pertanto cerca disperatamente un modo per creare la celeberrima Pietra Filosofiale per poterla poi vendere a caro prezzo ed ottenere quindi ciò che vuole.
Le varie donne del passato compaiono molto poco e sono molto poco esplorate dal punto di vista psicologico, anche se alcuni tratti della loro personalità, quelli predominanti, spiccano tra le pagine, come il forte orgoglio di Deliverance, capace di mantenere un comportamento dignitoso anche in cella, tra lo sporco e i morti.
Menzione speciale va a Grace, la madre di Connie, alla quale la protagonista chiede a volte consiglio pur ricordando la poca affidabilità della genitrice. Sarà però Grace stessa, alla fine, a convincere definitivamente Connie a credere al "segreto" permettendole di agire di conseguenza, salvando anche la vita di Sam.
Nonostante il libro sia davvero bello e avvincente, sorge un grosso problema: l'autrice spesso indugia in descrizioni troppo esageratamente minuziose, piene di dettagli (se non ricordo male la sola descrizione dell'ingresso della casa della nonna di Connie dura più o meno una pagina e mezza, troppo per una stanza non più grande di uno sgabuzzino); questo suo modo di scrivere continua per tutto il libro pur scemando verso il finale (anche se l'incontro tra Connie e Chilton nella biblioteca, quasi alla fine del libro, sembra interminabile).
Quindi il libro si merita, a malincuore, tre stelline e mezza (la scrittura ha molto influito).

Uno strano universo: i fandom


Avete mai letto un libro? Visto un film? Ascoltato della musica?
Ovviamente. Ma vi siete anche appassionati a tal punto da farvi interi film mentali, da essere considerati quasi ossessionati? Se sì, allora probabilmente siete parte del fandom.
Il termine fandom indica, per citare Wikipedia (fonte incerta, ma precisa), "una sottocultura formata da comunità di appassionati" i quali condividono passioni ed interessi comuni. Sebbene il fenomeno sia nato negli anni Trenta negli USA, ha avuto una grande diffusione negli ultimi tempi grazie al web. il termine "fandom" deriva dalla fusione della parola "fan", appassionato, con la parola inglese "kingdom", regno, creando così un termine che significa "regno dei fan". Ogni gruppo utilizza un ulteriore termine per indicarsi: Potterhead per i fan della serie "Harry Potter"; Krisbine per le fan di Kristen Stwart; Whovians per i fan della serie televisiva "Doctor who"; Directioners per i fan degli One Direction; ecc...
E ora che ho soddisfatto la mia Hermione interiore posso iniziare.
Per prima cosa da dire: sono una fangirl. Sì una di quelle ossessionate pazze che si fissano su determinate "cose", nel mio caso libri, film, fumetti, cartoni e, di recente, anche alcuni telefilm; una di quelle che quando si appassionano a qualcosa vogliono sapere tutto, ma proprio tutto, di quella cosa, anche il più piccolo e inutile particolare. Ma nonostante questo credo di essere anche una persona abbastanza moderata.
Ed è proprio questo il primo punto che voglio discutere: l'esagerazione.
Nei fandom c'è sempre il rischio di esagerare, dando credito ad alcuni pregiudizi esistenti (sono tutte ragazzine con gli ormoni a palla, sono tutti pazzi ossesionati, sono privi di cervello) soprattutto con commenti al limite della stupidità come "perchè è morto Finnick?!! Era bellissimo sarebbe dovuto morire Beete è brutto" (commento elaborato dalla sottoscritta dopo averne letti tanti sulla falsariga); trascurando l'assoluta mancanza di punteggiatura esatta, questo tipo di commenti espone al rischio di essere considerati frivoli, incapaci di intavolare discorsi seri e soprattutto capaci solo di pensare all'apparenza delle cose.
Altra esagerazione tipica dei fandom nasce da immagini come questa:
Chi si trovasse davanti una foto del genere sarebbe portato a prenderla sul serio e, commentando oggettivamente, il fandom di Hunger Games non ci fa certo una bella figura. Poche persone sono disposte ad intavolare una discussione con qualcuno che fa affermazioni come quelle riportate.
Inoltre, e spero di non offendere nessuno, mi sento personalmente urtata da questa immagine (eccetto per lo straordinario e veritiero commento su Ranuncolo) e su ciò che vi è riportato: sono parte del fandom, non sono proprio del tutto normale, ma non sono così. Ad esempio, ingigantire il dettaglio del "bacio" tra Finnick e Peeta come fanno sempre molti Tributes (fan di "Hunger Games". Ma si capiva) mi sembra esattamente questo un'esagerazione inutile, che dopo la prima volta che la leggi perde ogni lato comico
Pur rientrando nel macrogruppo "Esagerazioni", voglio fare una critica speciale riguardante quei fan che praticamente assalgono (arrivando addirittura agli insulti) coloro che non fanno parte dei fandom stessi o, soprattutto nel caso dei fan dei libri, che attaccano coloro che hanno visto solo i film e si definiscono appassionati. 
Sacrilegio!
Sembra non si possa essere parte di un fandom senza sapere vita, morte e miracoli di ogni singolo personaggio, anche del giardiniere che compare per caso a pagina 231, riga 3. Io sono la prima ad appassionarmi al punto da cercare informazioni su "vita, morte e miracoli di ogni singolo personaggio" (sì, lo so, spudorata e parecchio orrida autocitazione. Concedetemelo per favore), come già ammesso poche righe fa, ma certe volte si esagera; i fan dei film di Harry Potter non sapranno mai chi è Pix? Peccato per loro, si perdono un sacco di divertimento, non mi sembra il caso di fare una questione di stato. E invece ci sono un sacco di immagini (quelle con Gene Wilder nei panni di Willy Wonka, mi irritano seriamente a morte) in cui si arriva a denigrare queste persone. A posteriori, non sembra anche a voi esagerato?
Anche io mi chiedo cosa facciano le persone che non sono parte di un fandom? Ma credete che creando immagini su immagini che li criticano, e che verranno probabilmente viste dai soli fan, li spingerà a cambiare?
O ancora, se una persona considera certi libri, i fumetti, l'animazione "da bambini", non mi sembra davvero il caso di dirgli (cito testualmente) "ma muori" "Nagini la cena" "Liberate gli ibridi"? 
Infine voglio far presente che tali commenti sopracitati vengono usati anche all'interno dei fandom stessi per criticare chi non la pensa allo stesso modo, esempio perfetto di come certe volte si risci di scadere in un'esagerazione quasi folle che può ferire seriamente chi riceve tali insulti (parlo per esperienza).
Grazie per l'attenzione, anche se credo che nessuno legga quello che scrivo.

martedì 28 gennaio 2014

Recensione: "Fire" di Kristin Cashore

Titolo: Fire.
Autore: Kristin Cashore
Editore: DeAgostini
Traduttore: Claudia Resta
Anno di pubblicazione: 2009
Genere: Fantasy
Numero pagine: 492 (circa)

Al di là dei sette regni vivono creature dalla bellezza mozzafiato, animali dai colori sgargianti capaci di ammaliare gli uomini e di prendere possesso delle loro menti.
Sono i mostri.
Fire è una di loro: l'unico mostro in tutta la Valle con sembianze umane. Molti vorrebbero impadronirsi del suo enorme potere e sfruttarlo per usurpare la corona, ma Fire ha giurato di usare il suo fascino solo per difendersi dai suoi nemici.
Non è facile, però, mantenere i buoni propositi.
Non quando re Nash e i suoi fratelli hanno bisogno del suo aiuto.
Non quando un intero esercito è pronto a sacrificarsi per proteggere quel che rimane del regno.
Non quando il principe Brigan le sta così vicino.

ATTENZIONE! POSSIBILI SPOILER.

Di tutta la "Trilogia dei Sette Regni" questo è stato il primo libro che ho letto (anche se si tratta del secondo in ordine di pubblicazione) e quello che mi ha spinto a leggere gli altri due romanzi. L'ho amato già dalla sinossi sul retro e dalla copertina. Poi l'ho aperto e mi sono innamorata ancora di più. Non sto scherzando.
Partiamo dalla copertina su cui sono ben evidenti l'arco e le frecce, armi peculiari della protagonista e un viso femminile tagliato a metà, il tutto nelle tonalità del rosso; è una copertina semplice, senza troppi fronzoli, ma che comunque attira l'attenzione e l'interesse del lettore.
La trama è avvincente nonostante in alcuni punti stenti a partire. "Fire" è il prequel del primo libro della trilogia, "Graceling", anche se può benissimo essere letto come un volume a parte, senza che si debba obbligatoriamente leggere anche il primo libro.
Trovo che Fire, la protagonista, sia un concentrato ben bilanciato di altruismo, coraggio, isteria e cocciuta stupidità. Fire è un Mostro e no, non la sto insultando, "mostro" è il termine con qui il popolo della Valle (ambientazione del romanzo) indica la specie a cui appartiene alla protagonista e si tratta di animali (Es: cani, orsi, rapaci, umani) di una bellezza straordinaria con caratteristiche fisiche incredibili (Es: pelo viola, argento, fucsia) e con la capacità di entrare della mente delle persone, leggerla e dominarla. Insomma, Fire è l'unico Mostro umano della Valle da quando le è morto il padre (e per altri motivi eccessivamente lunghi da spiegare), ucciso da lei stessa per impedirgli di rovinare ulteriormente il regno. Anche se da un certo punto del libro in poi continua a d avere delle crisi di pianto isterico al limite del folle, non si tratta di crolli emotivi senza ragione. E' un personaggio davvero equilibrato.
Il protagonista maschile, il principe Brigan è, sin dall'inizio, estremamente misterioso: maltratta Fire la prima volta che si incontrano e continua ad essere insopportabile e maleducato con lei fino a quando non deve scortare la ragazza alla capitale; durante il viaggio infatti i due giovani stringono una strana amicizia fatta di incontri silenziosi e chiaccherate al chiaro di luna. Nonostante all'apparenza fredda, il principe sa essere molto gentile, caloroso e affettuoso come dimostra quando deve parlare con la figlia Hanna o quando, dopo aver stretto amicizia con Fire, si preoccupa per la ragazza mostruosa. Bellissimo anche lo sviluppo romantico tra Brigan e Fire, una romance lenta, ma costante che si intuisce sin dai primi scambi notturni tra i due e che si concluderà con una frase del principe che io trovo magnifica "... Mi sono innamorato di te il giorno in cui ti ho visto scoppiare in lacrime contro il fianco di Piccolo - (il cavallo di Fire) -, dopo che avevi trovato il tuo violino distrutto a terra. La tua malinconia è una delle cose che ti rendono bella ai miei occhi..."; trovo che il concetto di "amore" riunisca in sé anche l'amore per una persona che non è sempre allegra, felice, sorridente, ecc...
Tra tutti i personaggi non protagonisti quelli che più meritano una menzione sono:
- Arciere, il cui vero nome è in realtà Arklin, un abilissimo arciere, appunto; è il vicino di contado (non so se sia una definizione esatta) di Fire e il suo primo amante. E' un personaggio complesso, geloso di Fire fino all'inverosimile, ma inguaribile Don Giovanni che in tutto l'arco della storia mette incinta due personaggi amici della protagonista. PICCOLO SPOILER: alla fine del libro è l'unico dei personaggi "buoni" a morire, ma la sua morte non è mostrata nel racconto
- la principessa Hanna, la figlia di Brigan e di una stalliera, una bambina forte e altruista, insofferente alle regole, ma anche incredibilmente dolce, triste e sola, preoccupata che il padre non la ami veramente;
- Cansrel, il Mostro padre di Fire. Pur essendo morto sin dall'inizio del raccoto Cansrel è presente in tutta la narrazione, soprattutto nei tormenti interiori di Fire, trasformandolo nell'incubo ricorrente della protagonista;
- Immiker, meglio conosciuto come Leck, il futuro re malvagio di Monsea. Leck funge come unico collegamento tra "Graceling" e il prequel "Fire". In questo libro infatti, il prologo è totalmente dedicato all'arrivo di Immiker e suo padre nella Valle. Comunque Leck è un Graceling dei Sette Regni con il potere di
controllare le menti degli uomini con le parole e che interpreterà la parte del cattivo nel primo libro (dove tirerà anche le cuoia).
Nel complesso il libro meriterebbe 4 stelle, ma purtroppo io sono un po' di parte e non riesco a non adorarlo quindi il voto finale è 5 stelle, l'eccellenza!

venerdì 1 novembre 2013

Recensione: "Graceling" di Kristin Cashore

Titolo: Graceling.
Autore: Kristin Cashore
Editore: DeAgostini
Traduttore: Claudia Resta
Anno di pubblicazione: 2008
Genere: Fantasy
Numero pagine: 495 (circa)

Tutti i Graceling hanno occhi di due colori diversi.
Tutti i Graceling hanno un Dono.
Difficile è però sapere quale Dono possiedono: a volte anche per loro stessi è duro capirlo e controllarlo.
Ci sono Doni quasi inutili, come la capacità di ripetere le parole al contrario o di ricordare certi dettagli.
Katje ha diciotto anni e il suo Dono è un'arma terribile nelle mani di suo zio, re Rand.
Il futuro le può riservare un posto sicuro al fianco di quest'uomo vendicativo o infinite sorprese, come  l'incontro con un Graceling dallo sguardo intenso che sembra conoscerla fin troppo bene.

ATTENZIONE! POSSIBILI SPOILER.



Allora, ho letto questo libro di recente dopo che, circa 3 anni fa, mi capitò in mano il secondo volume della trilogia (che io amo alla follia).
Mi è molto piaciuta la copertina senza troppi fronzoli, ma che mostra due segni distintivi del libro: un pugnale (arma usata dalla protagonista per uccidere il suo nemico) e, sul retro, gli occhi di due colori diversi di Katje, per simboleggiare i Graceling. All'interno è presente anche una mappa dei Sette Regni, molto utile per capire meglio la collocazione dei vari luoghi nominati nel libro (per di più AMO i libri con le mappe annesse, mi ricordano "Il Signore degli Anelli").
Lo stile è semplice, scorrevole; è adatto a qualunque tipo di lettore, anche a quelli più svogliati o lenti nel leggere. La trama è interessante, adoro le storie con protagoniste femminili con un carattere. Katje (protagonista dal nome assurdo e per di più impronunciabile) è una Graceling, una creatura dotata di un'abilità straordinaria, un Dono; nel caso di Katje il Dono è quello di essere un'assassina provetta, capacità manifestata sin da bambina, quando uccise un cugino che voleva abusare di lei; all'incirca a metà romanzo però si scopre che il Dono della ragazza non è quello di uccidere, ma quello di Sopravvivere (da qui la sua abilità nel combattimento che aveva portato al fraintendimento), un colpo di scena che mi è piaciuto particolarmente perchè la capacità di sopravvivere è un'abilità inusuale, che rende il personaggio più originale (non è una copia dei soliti personaggi femminili dei fantasy, forte, abile con le armi, ecc...); Katje mi ha subito conquistata con il suo carattere forte, la sua determinazione e i suoi scatti d'ira, anche se il suo desiderio di non sposarsi mi ha lasciata perplessa; non che io creda che una donna debba per forza aspirare a sposarsi (sono femminista, figuriamoci!), ma nel libro la si sente ripetere ad ogni piè sospinto "non voglio sposarmi" senza una spiegazione logica, senza un perchè.
Altro personaggio è il principe Grandmalion Verdeggiante, detto Po (certo che questa autrice ha una grande fantasia in fatto di nomi alquanto discutibili. Ogni volta che leggevo "Po" mi immaginavo il Teletubbies rosso), anche lui un Graceling che finge di avere il Dono del combattimento, ma che in realtà è capace di percepire l'energia, i sentimenti, le emozioni di ciò che gli sta intorno e i pensieri che le persone rivolgono verso di lui. Po è soggetto ad un interessante capovolgimento per cui è lui, principe di Lyend (uno dei sette regni che compongono il mondo creato dalla Cashore), ad essere più debole della protagonista ed a dover essere salvato da Katje, come una damigella in pericolo.
Anche i Graceling, le creature originali del primo libro della "Trilogia dei Sette Regni", sono un'invenzione che ho particolarmente apprezzato. Quando nascono i Graceling sono fisicamente come le persone normali; durante i primi anni di vita, tuttavia, i loro occhi si modificano assumendo due colori diversi (ES: Katje ha un occhio verde e uno blu, mentre quelli di Po sono uno color oro e uno argentato). E fin qui nulla di nuovo: i poteri abbinati a determinate caratteristiche fisiche non sono certo una novità; nel libro, però, non è la caratteristica fisica a dare i poteri ai Graceling (come accade, ad esempio, in "Harry Potter"), ma, viceversa, il colore degli occhi si sviluppa a causa del Dono, idea molto originale.
Mi è piaciuto molto anche il finale: né deprimente (ogni riferimento a Suzanne Collins è puramente voluto) né troppo melenso, non è il classico “vissero tutti felici e contenti”. Basti pensare che Po alla fine perde la vista a causa di una ferita, pur riuscendo a percepire l’energia vitale e quindi a “vedere con la mente”. O ancora, Katje e Po rimarranno insieme , anche se non si sposeranno mai.
Ma come si dice "ad ogni luce la sua ombra" e quindi mi sembra giusto parlare anche dei lati negativi del libro, prima fra tutti la struttura della storia: la trama procede bene fino a quando i due protagonisti non si ritrovano nel regno dell'antagonista, il malvagio re Graceling (Dono: annebbaire la mente e controllare le persone con le parole) Leck; da questo punto la trama precipita, tutto si fa affrettato come se l'autrice si fosse accorta di aver scritto molte pagine e volesse concludere velocemente; incontrano Leck (lo vedono uccidere la moglie e convincere tutti i presenti che si è trattato di un incidente), trovano la figlia di Leck, Bitterblue (altro nome infelice) che si nasconde dal padre che vuole abusare di lei, scappano, Po viene ferito mentre cerca di uccidere il re, Bitterblue e Katje continuano da sole, arrivano a Lyend, uccidono Leck, ritrovano Po; tutto in all'incirca 200 pagine su 495.
La fretta di finire si riflette anche sul personaggio di Leck: non viene approfondito, si sa solo che è malvagio, che è un Graceling e che è pazzo. Punto. Un po' poco per renderlo interessante. Per di più la sua morte avviene in modo troppo svelto, sbrigativo; dopo aver seguito Katje e Bitterblue, le anticipa a Lyend, dove cerca di farsi consegnare la figlia incantando Katje; qui Leck, di fronte alla famiglia di Po, cerca di rivelare quale sia il suo vero Dono (un segreto che nemmeno la sua famiglia conosce), cosa che avrebbe reso triste Po. Ed è proprio al pensiero della tristezza di Po che Katje riesce a trovare un attimo di lucidità per lanciare un coltello che centrerà in pieno la bocca aperta di Leck. Così raccontata sembra lunga, ma in realtà la scena non dura più di una decina di righe, forse meno.
Non solo Leck, ma anche sua figlia Bitterblue è un personaggio assolutamente anormale: all’inizio è, comprensibilmente, una bambina spaventata, che non si fida dei maschi (perché li associa al padre) e che piange molto, ma in poco tempo si evolve in una persona coraggiosa, forte, sicura di sé e dal carattere troppo adulto per una bambina della sua età. Capisco i bambini che, costretti dalle circostanze, sviluppano un carattere tipicamente adulto, ma Bitterblue è una principessa e pertanto abituata al lusso, che non ha mai dovuto affrontare veri problemi; non è plausibile che, di punto in bianco, si trasformi in una persona dal carattere forte e risoluto.
 In conclusione trovo sia un bel libro che merita 4 stelle piene (= molto bello) e prego chiunque leggerà questa... "cosa" di essere clemente, è la mia prima recensione.

Breve messaggio introduttivo

Salve a tutti, mi chiamo Chiara e ho 18 anni. Da un po' di tempo mi ronzava in testa l'idea di fare un blog anche se le mie capacità siano scarse. Basti dire che non ho idea di come si modifica la grafica di un blog.
Comunque, in questo piccolo spazio parlerò di un po' di tutto: farò recensioni, scriverò riflessioni su vari argomenti, cerchèrò di non fuggire a gambe levate.
E anche se non penso che otterrò molta attenzione o lettori spero che quei pochi che mi seguiranno non rimangano delusi da me.