Autore: Chiara Gamberale
Editore: Feltrinelli
Anno di pubblicazione: 2013
Genere: letteratura italiana
Numero pagine: 187
Tutto quello con cui Chiara era abituata a identificare la sua vita non esiste più.
Perché, a volte, capita.
Capita che il tuo compagno di sempre ti abbandoni. Che tu debba lasciare la casa in cui sei cresciuto. Che il tuo lavoro venga affidato ad un altro. Che cosa si fa, allora?
Rudolf Steiner non ha dubbi: si gioca.
Chiara non ha niente da perdere, e ci prova.Per un mese intero, ogni giorno, per almeno dieci minuti, decide di fare una cosa nuova, mai fatta prima.
Lei che è incapace anche solo di avvicinarsi ai fornelli, cucina dei pancake, cammina di spalle per la città, balla l'hip-hop, ascolta i problemi di sua madre, consegna il cellulare ad uno sconosciuto. Di dieci minuti in dieci minuti, arriva così ad accogliere la realtà che non avrebbe mai immaginato e che la porteranno a scelte sorprendenti.
Da cui ricominciare.
Quando un'amica mi chiese come fosse il libro la mia risposta fu "Azzurro". Perché nella mia vita tutte le cose belle sono azzurre: il cielo, il mare, gli occhi di mia madre, un tipo di glicine, il sito di fanfiction EFP. Quindi quando una cosa mi piace la definisco semplicemente così, azzurra.
Smielatezze a parte il libro è davvero bello. Si tratta di una semi-autobiografia, perché nonostante la protagonista abbia lo stesso nome e lo stesso lavoro dell'autrice, nonostante entrambe abbiano provato a fare il gioco dei dieci minuti, nonostante la Chiara personaggio stia scrivendo un libro intitolato "Quattro etti d'amore, grazie" il quale è un libro effettivamente pubblicato dalla Gamberale, insomma, nonostante tutto questo le esperienze raccontate non sono state veramente vissute dall'autrice.
La protagonista del libro è Chiara, scrittrice famosa che ad un certo punto della vita ha la sensazione di aver perso tutto: deve trasferirsi dalla sua vecchia e amata Vicariello al centro di Roma, il marito la lascia e la sua rubrica sui pranzi domenicali viene sostituita dalla posta del cuore di Tania Melodia che, come viene ripetuto per tutto il libro, è "vincitrice morale del Grande Fratello". Come molte protagoniste create dalla Gamberale anche Chiara è una persona insicura, con un passato triste segnato da problemi gravi (in questo caso l'anoressia) che si è innamorata e sposata con un uomo che non la ama completamente e la soffoca. Si tratta di un buon personaggio, umano riassumibile in una frase che compare già nelle prime pagine e che rappresenta pienamente la protagonista: "... sempre protetta. Dalla violenza della realtà, dicevo io. Dalla responsabilità di essere un'adulta o almeno giù di lì, dicevano gli altri: finché ti basta attraversare un pezzo di orto per essere a casa dei tuoi genitori è una finta tutto, lo capisci o no?..."
E questa è una caratteristica curiosa del libro (o almeno per me): Chiara è assolutamente incapace. Cioè, è una scrittrice di successo, ma sa fare praticamente solo quello; è tanto incapace che quando perde tutto non riesce a rialzarsi, senza il marito non sa cosa fare, non sa trovare un'altro lavoro; in pratica non sa fare nulla senza che qualcuno la accompagni tenendola per mano. Inoltre dall'alto della sua incapacità si lamenta; non fa altro che lamentarsi (un esempio è l'episodio della palestra in cui si lamenta che lì "la palestra è di Sinistra" quando una palestra come si deve "deve essere di Destra"). Ma nonostante questo, nonostante mentre leggevo mi ripetevo continuamente che Chiara era una persona irritante e odiosa, non riuscivo ad odiarla: l'autrice fa in modo che tu la capisca, che ti senta partecipe al suo dramma.
Pochi altri sono i personaggi... definiamoli più che seconadari: c'è il marito, anzi il Marito della protagonista, un uomo egoista, egocentrico ed infantile. Ad un certo punto dice a Chiara che l'ha lasciata perché non era più la mite ragazzina complessata che era stata quando andavano alle medie, una ragazzina patologicamente insicura che dipendeva da lui, faceva ciò che voleva lui, venerava solo lui. Aggiungendo quindi che la causa del suo tradimento è lei e il fatto che sia cresciuta. Quindi l'unica cosa che si sa di lui è che si tratta di un completo, totale, tombale coglione (e non lo dico in modo volgare).
Altro personaggio importante è Ato, un giovane immigrato quasi 18enne (se non ricordo male) che vive nella Città dei Ragazzi e che è molto legato a Chiara, la quale durante il romanzo deciderà di ospitarlo nei fine settimana, aiutarlo con i compiti, ecc... Questo perché tempo prima aveva proposto al marito di adottare il giovane, vedendosi rifiutare la proposta per vari motivi validi e non; Chiara decide quindi di prendersi cura di questo ragazzo che non parla quasi mai del proprio passato, ma affronta la vita con forza ed energia. A differenza di Chiara, Ato è "disposto": disposto a conoscere persone, disposto a provare cose nuove, disposto a vedere posti nuovi...
Interessante è il racconto che Chiara dice di aver scritto "Egoland" che parla di una città con tanti palazzi di colore diverso in cui vive ciascun individuo e nessuno di queste persone riesce a vedere gli altri palazzi o gli altri individui. Il momento in cui Chiara racconta di questa storia alla sua (o suo? Non ricordo bene) psicoterapeuta è il primo momento in cui si rende conto di essere egocentrica, di riferirsi alle cose accanto a lei usando, come dice lei, la maiuscola sul possessivo (il Mio Marito, la Mia Casa, la Mia Rubrica...); è il momento in cui ammette di essersi sempre sentita superiore in quanto, mentre scriveva "Egoland", era convinta di non rientrare in nessuno dei palazzi, di essere libera di vederli tutti, di sentirsi superiore, quando in realtà era parte integrante di Egoland e per tutti i "palazzi" che riusciva a vedere ce ne erano mille altri che non notava.
Penso che il libro meriti 4 stelle: l'introspezione psicologica è ottima e, anche se la protagonista è irritante, non puoi fare a meno di immedesimarti, perché Chiara è simile a ciascuno. In più il gioco dei 10 minuti è davvero bello e divertente da mettere in pratica nella vita reale